L’anno che verrà
12/12/2022L’anno che verrà
Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po’
E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò
Da quando sei partito c’è una grande novità
L’anno vecchio è finito, ormai
Ma qualcosa ancora qui non va
Si esce poco la sera, compreso quando è festa
E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra
Si sta senza parlare per intere settimane
E a quelli che hanno niente da dire
Del tempo ne rimane
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
Porterà una trasformazione
E tutti quanti stiamo già aspettando
Le parole del testo di questa famosa canzone di Lucio Dalla sono, e credo rimarranno, attuali.
Sono andato a festeggiare il Capodanno in un locale dove fanno musica Rock con live tribute band a suonare canzoni degli AC/DC, Def Leppard, Guns N’ Roses ecc. Poca gente in giro e aria mesta nel locale in quella sera che, per antonomasia, è la più “festeggiata” al mondo. Rari, rarissimi gli auguri tra “non conoscenti” e timidi quelli tra chi si conosce.
La più buona parte dei commensali è rimasta seduta al tavolo, intenta a spataccare (come si dice da ste parti) sul proprio telefonino e a condividere contenuti satinati di finta gioia e divertimento. Lontani i tempi in cui il Capodanno aveva quella carica emotiva piena di progetti, di speranze, di elettricità per un nuovo “inizio”. Fortuna che almeno quelli sul palco han ben assolto al loro compito. ????
Da tempo abbiamo messo i sacchi di sabbia alle finestre per risparmiare sul riscaldamento. La televisione insiste nel dire che tutto andrà bene, c’è l’intesa sul Price Cap del gas! E la Russia sta perdendo battaglie, uomini e mezzi e la vittoria della “grande fratellanza” occidentale è vicina.
Ecco, caro amico/a, ti scrivo perchè non ho voglia né tempo di distrarmi. Anzi, voglio restare ben sveglio. Voglio saper quel che accade in Italia e in giro per il mondo per poi collegare i puntini e creare il mio pensiero.
Serve essere molto svegli e reattivi per valutare se e, eventualmente, quali scelte fare.
Sembra che gli esseri umani siano, sin dalla nascita, dotati di un “bias di ottimismo”, così si definisce una “distorsione”. Nel gergo comune viene definito come un “errore di valutazione” che porta ad influenzare scelte personali e addirittura il comportamento di una persona.
Il bias ottimistico, in parole povere, si traduce nell’essere più ottimisti che realisti. Nella maggior parte dei casi questi individui vivono con maggior leggerezza ed adattabilità le proprie giornate, ignorando, più o meno di proposito, la realtà. Per contro, questi individui tendono a sopravvalutare le proprie capacità, credendosi così più bravi della media dei propri simili. Essi cadono spesso nell’errore di auto-attribuire i successi alle proprie capacità (self-serving bias) mentre addebitano ad uno o più fattori esterni i propri fallimenti.
Per quel che vedo e sento in giro, temo molte individui vivano in questa bolla di ottimismo, forse perché incapaci di essere realisti o forse perché la realtà potrebbe essere piuttosto cruda e dura da affrontare.
Tutto questo per dire cosa? Il mio pensiero è che viviamo in uno stato di costante “allerta”. Il covid (e in Italia i media tuttora rilanciano di varianti fatali in arrivo da questo o da quel pianeta), i fattori climatici, l’ambientalismo, la guerra in Ucraina ed i rincari di materie prime, delle utenze e dei carburanti, del costo del denaro ecc. ci possono mettere in uno stato di preoccupazione, di ansia, di paura, più o meno consapevole, più o meno inconsci. Per alcune persone “scollegarsi” dalla realtà e/o vivere in uno stato di bias ottimistico significa, più o meno consciamente, proteggersi.
Per superare tali stati emotivi credo che serva ricompattarsi attorno ai principi e valori morali di qualche tempo fa. Serve ridare importanza ai rapporti famigliari, rinvigorire il rapporto con il proprio partner, prendersi maggior cura dei propri figli, alimentare le amicizie. Rapporti veri, di sostanza, rapporti che energizzano, alimentati da uno scambio di genuino interesse, rapporti che scaldano il cuore e che fanno e ci fanno sentire protetti.
Credo che il 2023 sarà un anno molto diverso rispetto a quello appena concluso. Nessuna potenza economica sembra, per interessi vari, voler far cessare a breve il conflitto Russo-Americano. I tassi di interesse della BCE rimarranno alti probabilmente fino al 2025. Gas e carburanti rincarano. Le ripercussioni sulla vita “reale” ci sono e ci saranno. Tali effetti si faranno sentire, anche nel settore turistico, oltre che sul fronte della domanda, anche su quello dei collaboratori.
E proprio sul lato collaboratori, riprendendo il pensiero riguardo ai rapporti umani, data la grande difficoltà nel trovare persone di qualità ed a trattenere quelle valide già a libro paga, suggerisco ai responsabili di attività del mondo HoReCa di curare maggiormente le relazioni con il personale. Essere presenti, essere disponibili, avere un pensiero per ognuno di loro, creare un ambiente lavorativo sano, privo di comunicazione ed atteggiamenti negativi, un ambiante lavorativo formativo e premiante.
A volte i direttori e i capi reparto non hanno il tempo di curare i rapporti umani. A volte, semplicemente, non sanno come gestirli. A tal proposito la figura di un “coach” sarà sempre più necessaria. Soprattutto se, nel percorso, oltre ai temi “operativi”, si avverte il bisogno di avere un sostegno emotivo ed una guida nel riconoscere e sviluppare le proprie abilità e talenti.
Ad esempio, una persona che con me collabora e che, a mio parere, ha competenza, esperienza e soprattutto sensibilità nel relazionarsi alle persone, sia come singoli, sia come parti di un sistema aziendale, è Roberto Barison, uno Human Coach. Quanto costa ricercare, inserire e formare un nuovo collaboratore rispetto ad un investimento che vuole armonizzare il clima aziendale e costruire un percorso che aumenti il welfare e la crescita delle persone al fine di diminuire il turn over?
Un ultimo suggerimento è quello di essere prudenti nel fare investimenti, nel definire la propria strategia tariffaria, prudenti nel fare stime di budget troppo “ottimistiche”.
Questo non significa essere pessimisti. Significa fare passi commisurati alla gamba in attesa che torni il sereno.
Per parafrasare Steve Jobs, “Stay hungry, stay awake”!